Il congresso Cgil a Rimini
Zero Hours job

Il governo britannico ha promosso lo “zero hours job”, con il plauso della Confederetion of Business Industry. Si tratta di un contratto che prevede la possibilità del datore di lavoro di chiamare il proprio dipendente a svolgere funzioni soltanto in determinati giorni della settimana, senza venir retribuito quando non è attivo. Con una disoccupazione di 3 milioni di persone la Gran Bretagna conta con questo provvedimento di scendere a due milioni in pochi mesi. La ragione per cui il dato della disoccupazione inglese è appena sopra il 7 per cento, quindi in contrazione rispetto alla media Ue, intorno al 9, sopra al dodici in Italia, è perché i salari inglesi sono scesi del 40 per cento. La crisi, l’Inghilterra l’affronta con una flessibilità estrema e con una riduzione drastica del salario. Meglio questo, o stare a casa senza soldi, o peggio ancora, pesare sullo Stato come cassa integrati? E’ la domanda che dovrebbero cominciare a porsi anche al congresso della Cgil che si sta per aprire a Rimini, dove crediamo invece si prepari tutta una tirata contro la precarietà. Quella maledetta precarietà che i nostri sindacati hanno combattuto e vogliono continuare a combattere, quando è già divenuta un miraggio nei paesi in cui si è tornati a crescere, non in Italia, dove, infatti, la disoccupazione non si schioda. La Cgil rifiuta il Job act e nell’occidente sviluppato iniziano a farsi strada le “zero hours”. In oriente, dove la crescita è tre volte la nostra, non ci sono paragoni: rispetto a noi, Cina o India rasentano lo schiavismo. I diritti dei lavoratori ci sono carissimi, ovvio. Purtroppo è carissimo da sostenere anche il welfare che abbiamo conosciuto in tutti questi anni tanto che è stato abbandonato, non in Italia, ma in paesi Europei più sviluppati e ricchi di noi, come l’Inghilterra. Siamo convinti che il sindacato eserciti un ruolo fondamentale per la funzione che svolge nel mondo del lavoro ed ancor di più per quella che svolge in termini di democrazia vissuta. Per questo ci addolora vederlo nella condizione in cui si dibatte, soprattutto la Cgil, ridotta a difendere categorie che già sono protette e che pure risultano minoritarie rispetto ad un mondo del lavoro che garanzie non ne ha di nessun genere ed un mondo che nel lavoro ancora deve entrare a far parte. In questo modo non si difendono più i diritti, ma solo medie o grandi sacche corporative di privilegiati.

Roma, 6 maggio 2014